| da stadio L'ADDIO DI BINELLI I campioni del '98 contro gli amici di Gus BOLOGNA - Sasha Danilovic e Zoran Savic, Rasho Nesterovic e Antoine Rigaudeau, quindi tutta la Virtus campione d'Europa del 1998 più (anzi contro) gli amici di Gus Binelli, tra cui si spera anche il grande Sugar Ray Richardson. Questo il cartellone dei partecipanti alla partita di addio di Binelli, che in realtà è un pretesto per ritrovare tanti amici e fare beneficenza a favore dell'Ageop (biglietti in vendita a 10 euro, a cinque per gli Under 14). Si giocherà il 30 giugno al Paladozza, la vecchia casa della Virtus: prima minibasket (Binelli allena un gruppo di bambini a Budrio e a luglio farà il corso allenatori) poi alle 21 la partita vera e propria. In panchina Ettore Messina da una parte e Alberto Bucci dall'altra, ovvero i due allenatori che hanno vinto lo scudetto in bianconero dal 1984 in poi. Binelli ha invitato tutti. Hanno aderito anche Renato Villalta e Marco Bonamico. Dino Meneghin ha accettato di partecipare ma solo come spettatore. In fondo ha sempre 60 anni e un ruolo istituzionale che impone un po' di decoro. Scherzi a parte sarà un viaggio nella nostalgia, tutti insieme in campo giocatori che hanno fatto la storia della Virtus dei tempi delle grandi vittorie in Italia e in Europa. «La squadra del '98 sarà al completo - dice Binelli, 46 anni di età - l'altra sarà formata da miei amici inclusi quelli conosciuti ai tempi della serie B a fine carriera».
dal corriere di bologna Mercoledì 30 la partita d'addio al PalaDozza. Presenti Danilovic, Brunamonti, Richardson e tanti altri. «Non ho rimpianti, anche se la Nba...» Binelli si celebra e saluta Basket City «Che emozione, ci saranno tutti gli amici» E' il più presente con la Virtus, 564 gare: «Nessuno eguaglierà questo primato» Luca Aquino Augusto Binelli darà l'addio al basket mercoledì 30 giugno al PalaDozza in una partita fra la Virtus '98 (anno della prima Eurolega) e gli Amici di Augusto, che lo hanno accompagnato nella lunga carriera. Biglietto unico 10 euro, incasso devoluto all'Ageop, palla a due alle 21. Binelli, il 30 giugno si disputerà la sua partita di addio al basket. Sarà davvero l'ultima, oppure ci ripenserà? «No, dirò basta per davvero. Magari giocherò gli europei over 45, ma quello è solo divertimento». Cosa farà da «grande»? «A luglio andrò a Bormio per il corso nazionale allenatore, il mio futuro è in panchina. Mi piace lavorare con i giovani, quest'anno ho già fatto un'esperienza con una squadra di minibasket a Budrio». La vedremo emozionato? «Dopo 30 anni sul parquet, sempre in questa città, è probabile che qualche lacrimuccia possa scendere». In diciassette stagioni con la maglia della Virtus, quale è stato il compagno più simpatico? «Sicuramente Vittorio Gallinari, eravamo come i Blues Brothers e una volta andammo in tv vestiti come loro dopo la conquista della Coppa delle Coppe del 1990. Un altro con cui mi sono trovato molto bene è Bill Wennington». Il più antipatico? «Ne trovo qualcuno fra gli avversari. Posso dire che Joe Barry Carroll era il più difficile da marcare e il più spigoloso. Era dura anche contro Bob McAdoo, ma quando gli arbitri me lo concedevano me la sono cavata bene (ride, ndr). Poi non dimentichiamo Tkachenko: scommisi con un amico che gli avrei schiacciato in testa, una volta ero in contropiede pronto ad affondare la palla nel canestro e mi stoppò solamente alzando le mani». Quando su Facebook è stata lanciata l'idea della sua partita dì addìo, si aspettava un tale successo (1.773 iscritti)? «Mi fa grande piacere perché di solito ci si dimentica dopo un anno che non ci si vede più. Essere arrivati a quasi duemila amici significa che ho lasciato un ricordo positivo, come sportivo e spero anche come persona». Si ricorda la prima volta a referto il 22 aprile 1981? «Era la finale contro Cantù, andai in panchina e a due minuti dalla fine coach Ranuzzi venne verso di me. Mi indicò con una mano, poi con l'altra si rivolse a un mio compagno e mandò in campo lui». È vero che lei era sempre il primo ad arrivare in palestra? «Sì, perché con Porelli c'era la regola che tutti dovessero fasciarsi. Siccome avevamo un solo massaggiatore e io ero il più giovane, dovevo arrivare ner primo e a un'ora dall'inizio ero già lì. L'abitudine mi è poi rimasta per tutta la carriera». Quale la sua gioia sportiva più grande e il rammarico maggiore? «La gioia sicuramente l'Eurolega del 1998 perché erano anni che tentavamo di conquistarla. Il rammarico sono gli zero punti a Caserta in gara 3 di semifinale playoff del 1991, la peggior partita della mia carriera». E la Nba? «I regolamenti erano diversi, se fossi andato sarei stato considerato uno straniero in Europa. Conservo ancora i due contratti che mi offrirono gli Atlanta Hawks, da 75mila dollari. Essendo stato scelto al secondo giro potevano offrirmi solo un annuale, ma se mi avessero garantito un triennale sarei andato sicuro». Alla partita del 30 ci saranno molti suol ex compagni, c'è qualche defezione dell'ultima ora? «Per gli americani è difficile esserci perché in questo momento sono impegnati con i vari camp. Non potranno venire Macy, Wennington, McKillop e Clemon Johnson, mentre Richardson mi darà conferma in questi giorni». Qualcuno batterà mai il suo record di 564 partite con la Virtus? «Con i regolamenti attuali credo che sia quasi impossibile».
da il domani Presentata la partita d'addio a Binelli. «Stavolta so che mi emozionerò» Caro Gus, che serata ti aspetta. In campo una sfilata di campioni e i figli Andrea e Thomas Marco Tarozzi Il ricordo più divertente il gigante Gus lo srotola durante la presentazione della sua ultima recita ufficiale, che andrà in scena al PalaDozza (il posto del cuore, dove entrò ragazzino e uscì campione) il 30 giugno. Scontro di colossi: Augusto Binelli contro Vladimir Tkacenko, in Nazionale. 213 contro 220. «Avevo scommesso con un amico che sarei andato a schiacciargli in testa. Incauto, a dir poco. Parto in campo aperto, gli arrivo davanti, mi alzo. Lui nemmeno salta. Alza una mano e mi rifila uno stoppone». Ne ha di storie di raccontare, questo vecchio ragazzo che non smetterà mai di amare visceralmente la pallacanestro, a cui ha dedicato una vita, le ginocchia, il cuore, tutta la passione. Al basket e alla Virtus, che è stata casa sua dai diciannove ai trentasei anni, sedici lunghe stagioni inframezzate dal periodo del "sogno americano" alla Lutheran High School di Long Island. «Credo che oggi non sarebbe più possibile una fedeltà del genere alla maglia. Ve l'immaginate, con i regolamenti e la cultura sportiva di adesso, uno che resta anche solo una decina d'anni nello stesso posto? Io no, sinceramente. Per questo credo che il mio record di presenze resterà per sempre. Sono cambiati i tempi». Già, e anche i campioni. Lui lo è stato sul campo e lo è fuori. Di umanità, anche. Mai una parola fuori posto, mai una polemica. Diffìcile fare l'elenco dei nemici. «Magari quelli che non ho invitato. Beh, non è che ci saranno proprio tutti alla festa d'addio. Qualcuno, con rammarico, ha dovuto declinare. Macy, Clemon Johnson, Bill Wennington. Ma sono amici, so che mi pesneranno. Aspetto di sapere se Sugar Richardson ha trovato i biglietti per l'aereo. E i ragazzi dell'Eurolega '98 ci saranno tutti». Quel trionfo, certo. «Forse il più bello, perché quel trofeo lo cercavamo, lo aspettavamo da anni. Valeva una tinta di giallo ai capelli...». Quante risposte, per questa avventura nata quasi per scherzo, rimbalzata tra le "amicizie" di facebook. E Gus se lo merita, questo affetto, perché è stato un esempio di lealtà e professionalità. «Da ragazzo, c'era l'obbligo della fasciatura prima dell'allenamento. I giovani dovevano farla per primi, così arrivavo un'ora e mezza prima. L'abitudine mi è rimasta anche dopo». Diffìcile staccarlo dal parquet. Anche adesso, che progetta un futuro da coach ed è pronto per il corso nazionale di Bormio. Anche adesso che è pronto a scendere in campo e a emozionarsi. A spendere una lacrima. Con gli amici e con Andrea e Thomas. L'eredità più importante.
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